Il Diritto di Famiglia

UNIONI CIVILI E COPPIE DI FATTO

La legge n. 76 del 2016, nota come legge Cirinnà, per la senatrice Monica Cirinnà che ne è stata la prima firmataria, ha segnato una svolta importante nel  nostro Paese, riconoscendo giuridicamente la coppia di fatto costituita da persone dello stesso sesso. Tale legge entrata in vigore l’11 maggio 2016, ha introdotto una riforma nel nostro diritto di famiglia estendendo anche alle coppie omosessuali gran parte dei diritti e dei doveri previsti per il matrimonio e modificando lo stato civile dei componenti della coppia stessa. 

In questo caso il legislatore ha dovuto riconoscere il superamento del concetto della famiglia “tradizionale” fondata sul matrimonio sancito dall’art. 29 Cost. e l’esistenza di nuove forme familiari quali le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto.

1. Sono definite Unioni Civili ex art. 1 legge Cirinnà, tutte quelle forme di convivenza tra due persone maggiorenni dello stesso sesso mediante dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni.

2. Sono definiti  conviventi di fatto due persone maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca  assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. 

La convivenza di fatto tra persone dello stesso sesso o eterosessuali può essere attestata da un’autocertificazione, redatta in carta libera e presentata al Comune di residenza, nella quale i conviventi dichiarano di vivere allo stesso indirizzo anagrafico.

Entrambe le fattispecie sono disciplinate dall’Art.2 Cost. “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

Solo due sono gli elementi che le accomunano:

1. la convivenza stabile, che però non comporta la coabitazione intesa come coincidenza delle residenza anagrafica della coppia

2. il progetto di vita in comune, che però può prescindere  dal mettere al mondo dei figli

Sostanzialmente molte sono le differenze ed infatti la legge 76/2016 è stata definita “a tutela decrescente”. Alle Unioni civili tra persone dello stesso sesso il nostro ordinamento riconosce uno status giuridico che per molti aspetti è analogo a quello attribuito al matrimonio. E infatti ricorrendo ad un’originale tecnica legislativa, il nostro legislatore per alcuni aspetti ha rinviato alla disciplina prevista dal codice civile per il matrimonio, per altri ne ha riportato il testo in appositi commi della legge Cirinnà. 

Tale legge, tuttavia, non fa alcun riferimento  all'obbligo di fedeltà e a quello di collaborazione tra i coniugi,  né prevede, in caso di scioglimento dell’unione, un periodo di separazione personale antecedente al divorzio, come nel matrimonio. 

C’è comunque una differenza sostanziale rispetto al matrimonio eterosessuale che riguarda la presenza di figli. In Italia per le unioni civili non è consentita la “stepchild adoption” ovvero l’adozione del configlio o figliastro minore nato da fecondazione eterologa o da gestazione per altri, da parte del partner unito civilmente o sposato del proprio genitore. Ma la legge Cirinná prevede  che "resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti", non ponendo limiti così all'evoluzione giurisprudenziale che prevede la possibilità del giudice di applicare le norme sull'adozione in casi particolari e che a partire dal 2007 è riconosciuta anche per le coppie non unite in matrimonio e quindi anche omosessuali.

Le unioni civili sono state introdotte per tutelare le coppie omosessuali da sempre relegate ad un trattamento “diverso” rispetto alle coppie etero e proprio da questo derivano le numerose “somiglianze” delle unioni civili al matrimonio.

COPPIE DI FATTO

Diversamente la convivenza di fatto non è uno status familiae, ed è caratterizzata dalla mancanza di qualsiasi vincolo giuridico, per cui  prevede una maggior libertà dei suoi componenti che scelgono di non ricorrere né al matrimonio né all’unione civile per regolare la loro vita insieme. Essa si fonda
sulla stabilità della convivenza e dei legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.La legge ai commi da 38 a 49 e 65 art.1, ha fatto una netta distinzione tra la disciplina base, che può essere applicata a tutti i conviventi more uxorio e quella che si rivolge soltanto alle convivenze regolate da un contratto ,commi da 50 a 64, nel quale la coppia può indicare, oltre alla residenza, le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, e scegliere, come in presenza di matrimonio o unione civile, per il regime patrimoniale della comunione dei beni. Lo status di convivente di fatto comporta il riconoscimento di specifici doveri e diritti, questi ultimi sono i medesimi che vengono riconosciuti al coniuge dall’ordinamento penitenziario. 

1. Nel caso di malattia grave che provochi incapacità di intendere e di volere, il convivente può delegare l’altro a decidere per la sua salute. 

2. Il convivente ha il diritto di visita e di assistenza.

3. Il convivente superstite succede nel contratto di locazione al convivente defunto, e può anche essere inserito nelle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi popolari.

La convivenza di fatto riguarda le coppie, omosessuali o eterosessuali, che hanno deciso di non ricorrere al matrimonio né all’unione civile, ma che devono essere tutelate rispetto ad alcuni aspetti della loro vita.

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Avv. Stefania Zarba Meli

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