Reddito di libertà

Il Reddito di libertà è un sussidio previsto in favore delle donne vittime di violenza ed in condizione di povertà, che è stato istituito dietro proposta del Ministero delle Pari Opportunità e del Ministero del lavoro, con il Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito nella Legge 17 luglio 2020, n. 77. 

Trattasi nello specifico di un ausilio economico mensile,  pari ad €. 400,00 - che può essere destinato alle beneficiarie per un solo anno -, utile e necessario a far fronte a spese per esigenze di : autonomia abitativa, percorsi scolastici o formativi in favore dei figli minori, acquisire una autonomia personale. 

Il reddito di libertà spetta a tutte le donne residenti nel territorio italiano  - che siano cittadine italiane o comunitarie oppure,  extracomunitarie, in possesso di regolare permesso di soggiorno -, vittime di violenza (sole o con figli minori a carico),  che sono seguite dai centri anti violenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali locali, che dovranno dimostrare di aver intrapreso un percorso di autonomia personale, nonché per la tutela e il sostegno per la crescita dei figli o per la propria libertà, volto alla fuoriuscita dalla violenza e per tutte coloro che si trovano in una condizione di particolare condizione di povertà e vulnerabilità che si trovano in uno stato di urgenza e bisogno.

La domanda per l’ottenimento di tale beneficio economico va presentata all’INPS (dalla interessata o da un suo rappresentante/delegato), per il tramite degli sportelli comunali, presso la Regione di residenza o domicilio. Si può presentare anche per via telematica, presso una piattaforma al proposito predisposta. 

Nel caso di insufficienza del budget previsto, le domande potranno essere accolte, anche in un momento successivo. 

I fondi saranno comunque erogati dagli enti locali, ovvero i Comuni per conto delle singole Regioni.

La domanda dovrà essere corredata dai seguenti documenti :

  • un certificato attestante la frequentazione di un percorso svolto all’interno di un centro anti violenza riconosciuto dalla Regione di residenza o ove la donna è domiciliata 
  • una dichiarazione firmata dal rappresentante legale del centro anti violenza - cui la donna si è rivolta -,  che la ha presa in carico, ove si dovrà attestare che la predetta ha iniziato un percorso di emancipazione e autonomia 
  • la certificazione relativa alla condizione di povertà nella quale versa la donna  (condizione che dovrà essere attestata dal servizio sociale professionale di riferimento territoriale che si occupa della donna stessa)

Da ultimo si segnala che il reddito di libertà è compatibile con il reddito di cittadinanza o altri sussidi economici. Infatti all’interno del Decreto è stato specificato chiarito che il reddito di libertà non è incompatibile con altri strumenti di sostegno, come il reddito di cittadinanza e con altre misure che prevedono la fruizione di denaro a favore dei figli a carico, erogate dalle Regioni, Province autonome di Trento e di Bolzano e dagli Enti locali, o di altri sussidi economici a sostegno del reddito (Rem, NASpI, CIG ecc.). Il contributo è anche esente dall’imposta sul reddito delle persone fisiche, ai sensi dell’articolo 34, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, in quanto erogato da un Ente pubblico a titolo assistenziale.

Il reddito di libertà è soggetto a controlli ed alla verifica delle condizioni per il suo ottenimento, quindi nel caso in cui dovessero mancare i presupposti (ad esempio qualora la donna interrompa il percorso di autonomia presso il Centro Antiviolenza) o vi fossero dei motivi ostativi, l’INPS potrà revocare il contributo.

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Avv. Stefania Zarba Meli

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